A circa 360 metri di altezza, sulla cima di un colle appartenente alla catena dei Monti Lepini, sorge Maenza. La suggestiva cittadina è dominata dall’imponente castello dove fu ospite San Tommaso d’Aquino nei giorni che ne precedettero la morte.
Intorno all’XI-XII sec., la già accentuata antropizzazione del territorio circostante la Valle di Mezzagosto ebbe una forte accellerazione a seguito dell’abbandono della Privernum romana da parte dei locali per sottrarsi alle devastazioni saracene. Intere popolazioni si arroccarono in aggregazioni sulle più sicure alture circostanti, dove in rapida evoluzione diedero vita ad insediamenti fortificati.
Nella realtà di Maenza furono i Da Ceccano, antica famiglia feudale di probabili origini tedesche, a diventarne i primi Signori. Gli anni di possedimento dei Da Ceccano furono caratterizzati da complesse vicende politiche e familiari.Importante fu il periodo nel quale Maenza appartiene a Margherita, figlia di Riccardo Da Ceccano che, con il testamento redatto nel 1384, nominò suoi eredi universali il proprio figlio Raimondello De Cabannis e le sue due figlie Margherita e Antolina.
Raimondello fu il primo Signore del feudo ad apportare quelle modifiche ed ampliamenti ritenuti necessari per conferire alla struttura quell’aspetto di grandiosità e potenza che oggi possiamo ben ammirare. Il suo intervento strutturale comprese anche l’avanzamento della cinta muraria fino ad inglobare l’attuale via dei Villici. A seguito del matrimonio di Margherita, primogenita di Raimondello con Francesco Caetani (1436), finisce il possesso dei Da Ceccano ed inizia quello dei Caetani che con ulteriori interventi strutturali provvedettero ad inserire nell’insediamento anche sotto l’aspetto architettonico, elementi di grande pregio.
Nel 1597 il feudo di Maenza viene ceduto a Giovanni Francesco Aldobrandini che a sua volta sul finire del XVIII sec., lo cede al Cardinale Antonelli di Sonnino. Dopo gli Antonelli succedettero i Conti Pecci di Carpineto, casato che ha dato i natali a Leone XIII.Dai Pecci, nei primi anni del XX sec., il feudo viene alienato a favore di un ricco uomo d’affari, il commendatore Micozzi.
Nella metà degli anni ’60, a seguito del dissesto finanziario del succitato commendatore, tutto il patrimonio viene messo all’asta. Il castello Baronale diventa così di proprietà della Provincia di Latina che ne ha curato il restauro (1975/1979-1983/2001). Ora è completamente recuperato e messo a disposizione della collettività.
Gli attributi di difesa
Nella fase embrionale della sua costruzione, il castello era poco più di un recinto in muratura con una torre di avvistamento. Questa prima torre è oggi integrata nella struttura del castello e facilmente individualbile grazie alla cisterna del pianterreno. Le mura di cinta sono completamente scomparse ma parte delle fondazioni sono state rintracciate durante gli scavi, nei lavori di restauro.
La piccola fortezza si trasforma in castello attraverso varie fasi costruttive.
E’ ben visibile il passaggio tipologico per attrezzare la struttura per difendersi dalle armi da fuoco (parte delle feritoie per archi sono trasformate per accogliere archibugi e cannoniere). Vengono mantenuti, sui lati di Nord-Ovest e Nord-Est, i vecchi merli Guelfi, pur obsoleti. Ed è questa una particolarità del castello di Maenza come ben evidenziato nella parete più lunga del salone per conferenze al 4° livello, dove è possibile trovare una tripla successione di spalti merlati.
Il castello sorge in posizione dominante rispetto al territorio circostante, collegato visivamente con altre fortezze, tra le quali Asprano, ma anche con Priverno e con la Valle di Mezzagosto, a dimostrazione di un’ottima scelta edificatoria e strategica. L’ingresso del castello è il più fortificato, vi si leggono tutti gli elementi di difesa attiva e passiva, dalla caditoia alla botola assassina, dalla grata di sbarramento alle asole di alloggiamento delle barre di protezione, fino alle tracce di un piccolo ponte levatoio. Ma si leggono anche le fasi trasformative, opere principalmente dei Da Ceccano, dei De Cabannis e dei Caetani.Le stesse torri sono una vera ricchezza tipologica perché vanno da quella gotica dell’ingresso alla torre contrafforte di Piazza Duomo, da quella circolare di matrice rinascimentale al torrione seicentesco coronato con merloni e nel quale troviamo una interessante doppia cannoniera incassata nelle spesse mura.
Con l’avvento delle armi da fuoco, il castello è stato massicciamente rinforzato nello spessore dei muri ma senza subire cimature in altezza che lo avrebbero reso architettonicamente tozzo. Infine, pur mantenedo tutte le caratteristiche di fortezza complessa, la trasformazioni in «residenza« è intuibile soffermandosi sugli elementi decorativi interni apportati, sopratutto al terzo livello.
Caratteri stilistici
Il Castello è una possente opera in pietra locale, e più che una residenza familiare è una fortezza; si presenta in forma quadrangolare (lati quasi uguali), si sviluppa su quattro livelli e con quattro torri sporgenti, delle quali una semicircolare è posta a “rompitratta” e le altre tre di forma quadrangolare. Queste ultime avevano una parziale utilizzazione come difesa attiva mentre quella circolare, completamente inaccessibile, aveva funzioni di cisterna.
La genesi costruttiva del castello di Maenza è classificabile in circa 750 anni a partire dall’anno mille. Ha quindi attraversato stagioni architettoniche che vanno dal romanico al barocco. Anche se la tipologia dei castelli si è evoluta attraverso un particolare itinerario costruttivo, troviamo in quello di Maenza molti elementi stilistici riconducibili ai vari periodi.Le basse arcate e nel suo complesso il salorro al secondo livello, olte ai possenti portali a tutto sesto, fanno pensare ad un gusto romanico ancora persistente.
Ilportale in pietra a sesto acuto dell’ingresso e la corrispondente torre d’angolo, sono segni di uno stile gotico essenziale. I portali elaborati, alcuni caminetti, il torrione circolare non più coronato e tutto l’ampliamento sono di chiaro richiamo rinascimentale e manierista.
Poi segue un periodo legato per lo più a decorazioni di vario tipo, oggi quasi totalmente scomparse, ma che dovevano essere improntate sul nuovo stile barocco.
Pitture murarie
Il castello un tempo doveva contenere ampie superfici murarie dipinte a carattere essenzialmente decorativo.Alcune di queste sono state recuperate grazie ad una ricerca sotto scialbo, e tutte consolidate. Per quella del corridoio al secondo livello, composta da dieci riquadri a coppie gemelle di stile grottesche, è stato possibile effettuare anche la ripresa pittorica già con il restauro conclusosi nel 2001.
Interessanti sono quelle della stanza detta di S. Tommaso, il sopraporta (stemma degli Aldobrandini) ed il caminetto che si trovano al terzo livello (piano nobile).
Tracce archeologiche
Durante i lavori di restauro sono stati rinvenuti alcuni oggetti in ceramica databili tra l’XI e il XII secolo, frutto non di uno scavo sistematico ma di recupero in vari ambienti del castello.
Gli oggetti, quasi tutti allo stato frammentario, sono per lo più attribuiti ad officine del Lazio meridionale e sono caratterizzati da una certa omogeneità, sia nella forma che nelle decorazioni.